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La figura del coaching in ambito aziendale (e cosa si intende con questo concetto)

Da qualche anno si sente parlare molto di coaching, sia in ambito aziendale che con riferimento ad altri settori, dallo sport alla vita di tutti i giorni. Una discussione che deriva da una contingenza che si riscontra in molte imprese, ovvero, la presenza di manager dotati di competenze di alto livello, forte attaccamento non solo al lavoro, ma anche all’azienda, e che tuttavia non riescono a sfruttare al 100% tali caratteristiche.

Cos’è che glielo impedisce? Spesso e volentieri si parla di incapacità di relazionarsi in maniera efficace con chi è chiamato ad eseguire gli input da loro stessi formulati. Il coach, quindi, è la figura professionale preposta a fare in modo che questo limite venga superato in maniera efficace, aumentando il rendimento di tutti coloro che sono chiamati ad interagire per promuovere la crescita aziendale.

Cos’è il coaching e a cosa serve

Per coaching si intende quel metodo di sviluppo dei singoli, dei gruppi e delle organizzazioni che si basa sul riconoscimento, sulla valorizzazione e sull’allenamento delle potenzialità degli interessati. Il tutto con il chiaro intento di facilitare per questa via il raggiungimento di obiettivi definiti dal cliente e dall’eventuale committente.

Il dato su cui si fonda questo metodo è che all’interno dell’impresa esistano delle potenzialità ancora non evidenziate, sulle quali diventa fortemente necessario lavorare per poter aiutare l’interessato ad esprimerle in maniera compiuta, rendendo possibile un salto di qualità delle sue prestazioni lavorative.

La professione di Coach nella normativa italiana

L’attività di Coaching, nel nostro Paese, è regolamentata dalla Legge 4 del 2013 (Regolamentazione attività professionali non ordinistiche) che provvede a definire tutte le attività lavorative rivolte alla “prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitabile abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo”.
Va inoltre ricordata la norma UNI 11601:2015 “Coaching – Definizione, classificazione, caratteristiche e requisiti del servizio”, mentre non esiste un Albo professionale riconosciuto a livello statale, trasferendo di conseguenza questa mansione nell’ambito della libera professione.

Come si diventa Coach professionista

Se siamo nel campo della libera professione, va sottolineato come quella del Coach sia una mansione che richiede una preparazione ben definita e, soprattutto, non improvvisata. Fondamentale un congruo periodo di formazione da espletare con una scuola gestita da veri professionisti del ramo, più di preciso persone che si sono già fatte valere e in grado di trasferire le competenze messe in pratica sul campo.

In particolare, un corso di Coaching di alto livello deve prevedere non meno di 80 ore di formazione e una durata minima trimestrale. Sono inoltre gli stessi esperti a consigliare i corsi a numero chiuso, che consentono a chi partecipa di avere maggiore attenzione da parte dei docenti e di interagire in maniera più compiuta, contando inoltre sull’affiancamento di un tutor che può spianare la strada da eventuali difficoltà.