Proprio come nella vita di tutto i giorni, anche sul lavoro la routine può essere letale: un nemico che toglie pian piano la motivazione e rischia di portare ad uno svuotamento degli stimoli.
Molti di coloro che decidono di cambiare azienda o mutare posizione lavorativa lo fanno proprio per andare alla ricerca di nuove energie e sfide.
Esiste un concetto che, come spesso in questi casi, è stato importato dal mondo del lavoro degli Stati Uniti e che va ad indicare sostanzialmente l’arte di cambiare lavoro… senza cambiare lavoro. Non è una contraddizione, né un gioco di parole: il termine che circoscrive tutto questo è Job crafting.
L’idea alla base è semplice: modellare (dall’inglese craft) il proprio lavoro per farlo aderire alle nostre esigenze. Un rinnovamento che richiede una forte matrice proattiva, perché se qualcosa intorno a noi non cambia spontaneamente dobbiamo essere noi a fare in modo che muti.
Dentro al concetto di Job crafting
Il termine Job crafting descrive l’adozione di misure e azioni proattive tese a ridisegnare ciò che facciamo sul luogo di lavoro, andando essenzialmente a cambiare compiti, relazioni e percezioni del nostro impiego. La premessa principale è che possiamo rimanere nello stesso ruolo, senza necessariamente cambiare, ma mutando ciò che facciamo.
Modellare il proprio ambiente di lavoro in modo che si adatti alle loro esigenze individuali: fin qui, abbiamo analizzato la parte teorica della definizione. Ma nel concreto come si esplica tutto questo?
Alcuni esempi di Job crafting possono essere:
- Cambiare le proprie responsabilità: da intendersi sia come aggiunta di nuove, che come sottrazione di alcune.
Chi ha sempre lavorato in cucina, preparando ad esempio ricette già note, potrebbe provare a prendersi la responsabilità di crearne di nuove, interamente nate dalla propria fantasia;
- Cambiare interazioni e relazioni: la creazione di relazioni può comportare il cambiamento delle persone con le quali lavoriamo.
Confrontarsi periodicamente con gli altri elementi dello staff può essere utile ad acquisire nuove conoscenze, visto che ognuno ha le proprie skills, oltre che a creare nuove relazioni all’interno della azienda, che potranno poi essere proficue anche in altri contesti (per approfondire, visita l’Area Comunicazione Risorse Umane);
- Cambiare la propria mentalità: il più grande cambiamento, si dice, è quello che parte da sé stessi.
Cambiando le prospettive su ciò che stiamo facendo possiamo trovare o creare più significato a quello che, altrimenti, sarebbe visto come un lavoro noioso. Esempio tipico è dato da chi svolge un lavoro apparentemente ripetitivo: cercare al suo interno aspetti positivi è la chiave per non incappare nel circolo vizioso della noia (es: si svolgono pulizie in un hotel? Si potrebbe impostare il proprio lavoro pensando non alle pulizie fini a loro stesse, ma al fatto che si sta svolgendo un servizio per rendere più confortevole il soggiorno degli ospiti).
Concetti affini al Job crafting
Il concetto è molto più concreto di quanto potrebbe sembrare: si può provare a migliorare la propria posizione lavorativa senza necessariamente cambiare luogo di lavoro; un qualcosa di affine ad altri termini, come ad esempio reskilling. In quest’ultimo caso, come avevamo visto (leggi: Reskilling, la parola magica del lavoro 2.0) si tratta di andare a colmare eventuali gap che possano sorgere all’interno di una azienda con la formazione di personale già presente: in sostanza, si preferisce aumentare le competenze di persone già assunte in organico, ampliando le loro conoscenze, onde evitare di dover ricorrere a nuove assunzioni.
Il Job crafting è più legato ad un’idea di personalizzazione del lavoro: non si va a stravolgere radicalmente il proprio impiego, ma se ne propone un’evoluzione, un miglioramento, per cambiare abitudini ormai radicate ed emergere dalla routine, il tutto con l’obiettivo di evitare di dover essere obbligati a cambiare lavoro per cercare nuovi stimoli: è possibile, altresì, trovarli modificando dall’interno e definendo sotto una nuova luce le proprie mansioni, oltre che il proprio ambiente di lavoro.